Il fenomeno delle profezie che si autodeterminano probabilmente è più diffuso di quanto si pensi. In sostanza, in modo molto sintetico e approssimativo, così si definiscono quelle previsioni che si verificano solo per il fatto che sono state espresse. Certamente non è solo una questione di “fato”: fattori psicologici e sociologici, che inducono a modificare alcune abitudini comportamentali, sono determinanti per la loro realizzazione.
Sotto certi aspetti, possiamo fare rientrare in questa casistica quanto sta avvenendo al prezzo del gas: il fatto che la Commissione Europea sia ormai vicina alla definizione di una strategia condivisa (anche se rimangono ancora dei distinguo tra alcuni Governi) è stato sufficiente per far sì che, in questi giorni, il suo valore sia sceso, riportandolo sui livelli di giugno: dopo il – 13% di lunedì, ieri è caduto di un altro 12%, arrivando sulla soglia di € 110. Ad agosto, come ben ricordiamo, aveva raggiunto un picco di € 353 per megawattora, un prezzo insostenibile per chiunque.
Ormai si danno per certi alcuni risultati.
In primo luogo la creazione di un nuovo indice di riferimento, in grado di sostituire il Ttf in uso per lo snodo di Amsterdam, oltre ad un meccanismo in grado di limitare la volatilità infragiornaliera sul mercato dei derivati, permettendo quindi un maggior controllo sulle dinamiche dei prezzi. Contemporaneamente, la Commissione potrà stabilire un prezzo dinamico massimo oltre il quale non potranno essere fatte operazioni, permettendo scambi “fuori borsa” senza pregiudicare gli approvvigionamenti.
La seconda mossa sarà quella di istituire un hub per permettere l’acquisto coordinato tra i Paesi membri in grado di assicurare volumi almeno pari al 15% dei rispettivi obblighi di stoccaggio.
Un aspetto fondamentale sarà la solidarietà, in modo che venga assicurata una continuità di forniture per quei Paesi che si trovassero in difficoltà. Ad oggi, infatti, il termine è un po’ abusato, se è vero che su 40 accordi bilaterali previsti, ne sono stati sottoscritti solo 6. Per tutti i Paesi dotati di impianti di rigassificazione, la solidarietà non sarà un’opzione, bensì un obbligo. Inoltre, sono allo studio provvedimenti per rendere obbligatori i risparmi nella misura del 15% della media dei consumi.
Infine, c’è il tema degli aiuti. In primis, ci sarà la possibilità di utilizzare i fondi di coesione, già previsti nel Bilancio UE 2014-2020 e mai spesi: si tratta di € 40MD (la quota per l’Italia è pari ad € 4 MD), che potranno essere utilizzati liberamente da ogni Paese, senza condizione alcuna. E poi si sta studiando come consentire ai Paesi che ne facessero richiesta la possibilità di maggiori spazi di manovra, concedendo una maggior flessibilità di bilancio (pur non arrivando ad un nuovo debito comune, come avevano proposto i 2 Commissari Paolo Gentiloni e Thierry Breton).
Ci aspettano, comunque, mesi non semplicissimi, se non altro perché siamo di fronte all’ignoto, essendo la prima volta che l’Europa si trova ad affrontare un’emergenza energetica di tale portata. Ma come nel 2012 la Comunità Europea ha saputo reagire ad un’emergenza forse ancor più grave come quella della crisi del debito pubblico (grazie soprattutto al fatto che alla guida della BCE c’era un certo Mario Draghi), anche questa volta non è detto che non sappiamo trovare soluzioni che rendono più forte e coesa l’unione tra Stati in cui l’identità nazionale è, quasi sempre, ancora prevalente. Certo per riuscirci c’è bisogno, oltre che comportamenti individuali coerenti, di guide “illuminate”. E forse questo è l’elemento di maggior criticità, vista la crisi di leadership che stiamo vivendo.
La giornata si apre con i mercati asiatici tendenzialmente negativi. Infatti, se si esclude Tokyo, dove il Nikkei naviga intorno al + 0,5%, tutti gli altri indici al momento segnano ribassi tra lo 0,9% (Shanghai) e l’1,7% (Hong Kong).
Futures invece ancora positivi, con rialzi diffusi. In evidenza quelli sul Nasdaq, grazie ai risultati di Netflix, che superano le attese dei mercati, con un utile per azione, per il trimestre luglio-settembre, di $ 3,10, ben oltre le previsioni.
Torna a salire il petrolio, con il WTI a $ 82,66 (+ 0,61%).
Sempre in discesa il gas naturale Usa, che tocca $ 5,746 (- 0,17%).
Sorte analoga per l’oro, a $ 1.650,5 (- 0,41%).
Spread a 239 bp, con il BTP sempre intorno al 4,60%.
Treasury Usa a 4,02%, con i mercati che “vedono” la FED salire sino al 4,5/4,75%.
€/$ a 0,984, con l’€ in leggero rafforzamento.
Bitcoin a $ 19.261, – 1,95%.
Ps: sono ben noti i ritardi strutturali del nostro Paese, penalizzato da una crescita economica da sempre ben inferiore alla media europea. Ma dal 2000 il divario con altri Paesi si è fatto imbarazzante. Se guardiamo al reddito reale (cioè al netto dell’inflazione), uno dei dati più importanti per verificare lo stato di salute di un’economia, nel 2000 quello per abitante era, per il nostro Paese, al 95% di quello francese e tedesco, e linea con quello di un cittadino britannico. Nel 2019 siamo passati al 75% di quello tedesco e all’80% rispetto ad un cittadino francese o britannico. Ma il dato che forse più colpisce è quello sul salario medio reale: dal 1990 in Italia è diminuito del 2,9% contro un aumento del 30% in Francia e in Germania.